A fronte di presunte notizie di ripartenze, che a noi dell’Unione Sindacale di Base non sono giunte, va detto che, qualora ci fosse qualche movimento all’interno dello stabilimento siderurgico di Taranto, preoccupano non poco le condizioni di sicurezza. Questo perché scarseggiano gli interventi di manutenzione, che mai come in questo momento sarebbero essenziali, e si continua a ricorrere alla cassa integrazione proprio per i lavoratori delle Manutenzioni Centrali. A questo va aggiunto che, in regime di cassa integrazione, i minimi interventi manutentivi che si mettono in campo, vengono realizzati in maniera alternativa rispetto alle norme previste in merito alla gestione del personale sociale. Il tutto è paradossale.
Altra domanda: se ripartono alcuni impianti, quali si fermeranno dopo?
Riteniamo la richiesta di cassa integrazione per altre 4.000 unità unicamente l’anticamera della dichiarazione di esuberi che, proprio con questi numeri, porterebbe il personale dipendente di Arcelor Mittal ai livelli contenuti nel primo piano presentato dalla multinazionale, e che dunque non supera i 5000 lavoratori.
Nessuna notizia certa su ripartenza di impianti, aumentano i lavoratori in cassa addetti proprio alla manutenzione, quando la precarietà delle condizioni di lavoro in fabbrica è sempre più evidente. A rendere del tutto inammissibile il quadro generale ovviamente la presenza dello Stato nella gestione dell’acciaieria tarantina. Le ragioni del privato e soprattutto il profitto sulla pelle dei lavoratori, prevalgono su qualunque altro diritto, anche fondamentale, con il colpevole benestare dello Stato.
Coordinamento provinciale Usb Taranto

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