Accade, sempre nello stabilimento siderurgico di Taranto, che un dipendente che non ha superato l’esame finale di un corso di formazione (i cui costi sono sostenuti dall’azienda), viene messo in cassa integrazione. Va detto che la formazione è un obbligo del datore di lavoro, ed i percorsi formativi se non vengono superati con successo, vanno ripetuti, ma mai possono rappresentare un motivo per escludere un dipendente dall’attività lavorativa.

È, secondo noi, una punizione finalizzata a discriminare il lavoratore, visto che la stessa azienda, fino a questo inconcepibile gesto, applicava la rotazione equa tra i lavoratori in cassa integrazione.

Accade poi che i colleghi del suo reparto sono costretti a fare straordinari per sopperire all’assenza del giovane lavoratore. A questo punto, di fronte alla segnalazione partita dall’Usb, la risposta è stata spostare un dipendente da un reparto gemello a quello nel quale lavora il dipendente posto in cassa. Questo significa che, dal momento che si tratta di una mansione delicata (addetto al controllo degli impianti), restano scoperte, in termini di sicurezza, altre aree della fabbrica.

Se è difficile giustificare la stessa cassa integrazione con un reparto in marcia, ancor più grave è l’atto di recupero con lo spostamento del dipendente appartenente al reparto gemello che ne determina una carenza in termini di sicurezza, sguarnendo la postazione di una unità, pur di tenere fuori un lavoratore che, precisiamo  non è né il primo, né l’ultimo che non supera un corso di formazione.
Un atteggiamento, quello assunto nell’ultimo episodio, del tutto privo di ragionevolezza, che se considerato insieme a tutte le altre manifestazioni di indifferenza, o peggio prevaricazione, nei confronti dei diritti dei lavoratori, e  della loro dignità, porta a comprendere facilmente che siamo di fronte ad un meccanismo che deve assolutamente essere scardinato, per lasciare il posto a rapporti di lavoro sani ed equilibrati.

Vincenzo Mercurio

Segretario di Settore Usb

 

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